Cercasi quadrupede alta statura per piste da ballo mesozoiche
Scritto da Ilaria D'Aprile   
 

Articolo di Arianna Lodeserto già apparso su "Guida bella ai posti brutti "

Alla scoperta dell’Uomo di Altamura (1993), la Murgia si era già dimostrata una vivace fonte di sorprese speleologiche. 

Ma il passato remoto suona sempre almeno due volte alla porta di Altamura: dopo pochi anni, le sue pietre malandrine hanno di nuovo messo alla prova le mediocri certezze metropolitane.

Le 30.000 impronte di dinosauri ritrovate nel ’99 in Località Pontrelli – parte dell’assai bizzarra e lunare periferia altamurana – ci espongono infatti a una storia e a una geografia non ancora mai scritte, modificando la nostra conoscenza dell’aspetto paleo-geografico pugliese nonché la stessa preistoria del Mediterraneo. In seguito a tali ritrovamenti, possiamo immaginare la pietrosa Murgia di 85 milioni di anni fa come una pianura fangosa dal caldo tropicale, non più l’arcipelago di isolette ipotizzato fino a ieri ma un substrato molle in cui i dinosauri pascolavano sereni nella ridente epoca del Cretaceo superiore. 

Testimoniando un’elevatissima biodiversità, gli inattesi resti dell’«Avampaese apulo» formerebbero il giacimento a impronte più ricco e importante d’Europa. Esiste infatti una lettura delle zampe che non è volta a misurare e registrare gli spostamenti degli umani, ma a scoprire chi eravamo, o meglio, da quale specie derivano i tacchini e i passerotti. Oltre a erbivori e carnivori di specie già note, l’esplorazione del sito ha svelato l’esistenza di una nuova icnospecie, l’Apulosauripus federicianus, adrosauro quadrupede tridattilo che rende omaggio all’imperatore Federico II di Svevia, che nel 1232 promosse la costruzione della beneamata basilica di Santa Maria Assunta, e da allora mai più fu dimenticato.

Ignorata per milioni di anni, la rarità paleobiogeografica ha un proprietario decisamente antropomorfo, la società Escopi, che in quel suolo all’apparenza irrilevante aveva costruito una cava per l’estrazione di inerti, ora non più attiva. Trafitta da audace nostalgia, la società si fa adesso chiamare “Valle dei dinosauri s.r.l.”, ma non è ancora pronta a cedere allo Stato quel pezzo della nostra preistoria, almeno finché non riceverà in cambio dei “suoli edificabili in città”, da smerciare alle ben più affabili pecorelle dell’Antropocene.

Da molti anni lo Stato avrebbe potuto espropriare il terreno per pubblica utilità, come previsto dalla Costituzione, azione necessaria per cominciare l’opera di adeguata conservazione delle impronte e consentirne in seguito la fruizione pubblica. 

Animato in special modo dal Comitato “Salviamo le orme dei Dinosauri di Altamura“, il dibattito murgiano è stato molto acceso, chiedendo ostinatamente le ragioni della scellerata attesa. Non è chiaro infatti perché l’amministrazione, invece di  procedere all’esproprio negli anni in cui sarebbe stato lecito farlo, abbia più volte tentato l’acquisizione a spese della collettività, portando avanti un’estenuante trattativa con i proprietari.

 

Nonostante i tempi postglaciali che contraddistinguono il nostro mezzogiorno, qualcosa si sta pur muovendo… Qualche settimana fa la pratica per l’esproprio ha pascolato fino al tavolo del Ministero dei Beni Culturali, e chissà quando si solidificherà il calco del nuovo proprietario, eletto a decidere le sorti della Cava. In molti lamentano lo stato di abbandono della rugosa Valle. È un luogo assai bizzarro. 

Ad oggi non ci sono più restrizioni, si accede come e  quando si vuole, magari scortati dall’ottima compagnia della zona. Di facile portata, e vivamente consigliati, sono anche gli immediati dintorni: troverete un edificio dismesso assai cosmico, un pastore errante, pecore che attraversano i binari appulo-lucani, lumache rampicanti e divani in disuso.

Naturalmente, noi auguriamo il meglio a questa pista da ballo per giganti di periferia, sperando che le impronte vengano curate e protette dalle avversità atmosferiche dei tempi moderni. Tuttavia, dopo averne subito il fascino scacciapensieri, una parte di noi vorrebbe che restasse così com’è:  immagine dialettica di tecniche ormai spente. 

Vi consigliamo perciò d’andarci prima che diventi una Città della Scienza o un Museo della Preistoria, fosse anche il Classico Museo  Pugliese  Abbandonato

 

Per scoprire le impronte insieme alla cava, i  giganti carnivori che riposano accanto agli estrattori del cemento, appena addolciti i loro denti aguzzi, svanita la promessa del mattone da investire. Senza spargere troppo la voce, si può addirittura salire in cima alla Cava abbandonata, per analizzare dall’alto il misterioso procedimento estrattivo, o gli eccessivi colori della ruggine. Approfittando dell’ottima acustica della pista, si può inoltre ascoltare la lezione sporadica tenuta dal geologo locale di passaggio, o si può attendere che il cielo arrossisca, pronto a farci sperare in un passato migliore, o almeno altrettanto sorprendente. 

Arianna Lodeserto

 

E ora tutti a firmare la petizione per salvare la cava dei dinosauri!

 

Ultimo aggiornamento ( venerd́ 20 marzo 2015 )