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Paolo Rumiz per l'acqua comune PDF Stampa E-mail
Scritto da Ilaria D'Aprile   

 

Noi siamo composti di acqua. Non potremmo farne a meno eppure sembrerebbe che chi ha permesso la privatizzione dell'acqua pubblica non abbia pensato a questa elementare considerazione in funzione dei guadagni che ne avrebbe potuto ottenere a discapito di popolazioni.

La conquista del secolo scorso dell'acqua corrente in casa, scalzata dalla nostra inettitudine a vigilare su quanto avviene intorno a noi.

Questo accade in Italia. Il testo è tratto da un intervento di Paolo Rumiz agli studenti di Scienze Politiche e pubblicato da Comunivirtuosi.it 

"Alta Val di Taro. C'è una fabbrica di acque minerali che succhia dalle falde appenniniche in modo così potente che nei momenti di siccità gli abitanti del paese - noto fino a ieri per le sue fonti terapeutiche e oggi semi abbandonato - restano senz'acqua nelle condutture pubbliche.

C'è una protesta ma il sindaco tranquillizza tutti in consiglio comunale. "Non abbiate paura - dice - quando mancherà la NOSTRA acqua, la fabbrica pomperà la SUA nei nostri tubi". L'acqua del paese è data già per persa, requisita dai padroni delle minerali. L'idea che si tratti di un bene pubblico e prioritario non sfiora né il sindaco né la popolazione rassegnata.

Recoaro, provincia di Vicenza. Una pattuglia di "tecnici dell'acqua" (così si presentano), fanno visita a una vecchia che vive sola in una frazione di montagna. Le chiedono di poter fare delle verifiche alle falde. La donna pensa che siano del Comune. Il lavoro dura un mese. I tecnici trivellano, trovano acqua. Poi chiudono il pozzo aperto con dei sigilli. A distanza di mesi si scopre che la fabbrica di acque minerali giù in valle sta facendo un censimento delle fonti potabili in quota, in vista della grande sete prossima ventura della Terra in riscaldamento climatico. I parenti della donna si accorgono del maltolto e sporgono denuncia. Scoprono di essersi mossi appena in tempo per evitare l'usocapione del pozzo. Il sindaco tace. Gli abitanti di Recoaro pure. Ciascuno vende le sue fonti in separata sede.

Castel Juval, in val Venosta. Qui potete fare le vostre verifiche da soli. Vi sedete al ristorante dell'agriturismo di Reinhold Messner e chiedete dell'acqua. Scoprirete di avere due opzioni. L'acqua minerale - la notissima acqua propagandata dall'alpinista sud-tirolese - e l'acqua di fonte. La fonte di Reinhold Messner. Ebbene, anche questa è a pagamento. Metà prezzo rispetto a quella in bottiglia, ma anch'essa a pagamento. E la gente beve, estasiata. Vedere per credere.

Che dire? Come gli abitanti della Somalia o del Mali, siamo disposti a pagare ciò che ci sarebbe dovuto gratuitamente. Abbiamo rinunciato a considerare l'acqua come pubblico bene. La nostra sconfitta, prima che economica, è culturale. La grande vittoria del secolo scorso fu l'acqua nelle case. Oggi abbiamo accettato di tornare indietro. Siamo ridiventati portatori d'acqua. Come gli etiopi, arranchiamo per le strade con carichi inverosimili d'acqua e non riflettiamo che il valore reale della medesima è appena un centesimo del costo della bottiglia. Meno del costo della colla necessaria a fissare l'etichetta."

 

Dedicato a chi ama pensare.

 

 
 
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